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Un caso di pemfigo foliaceo in un gatto

Autori:

Vaira Fabrizio
Panniello Cristina

Introduzione del caso clinico:

Il pemfigo foliaceo costituisce la forma più comune di pemfigo nel cane e nel gatto. Nonostante la patogenesi sia stata per anni oggetto di studio, solo recentemente è stato individuato e chiarito il ruolo della desmocollina 1 come antigene bersaglio degli autoanticorpi (Dsc1), una dei componenti dei desmosomi, strutture superficiali di ancoraggio tra cellule epiteliali. L’ aggressione anticorpale nei confronti di queste strutture causa perdita di adesione tra i cheratinociti con conseguente formazione di cavitazioni all’ interno delle quali le cellule epiteliali, definite cellule acantolitiche, si trovano libere. Al fenomeno di acantolisi, per chemiotassi, segue il richiamo di granulociti neutrofili e talvolta eosinofili con conseguente formazione di pustole. Le pustole, di caratteristico color miele, tendono a rompersi rapidamente esitando in croste. Nel gatto si osservano lesioni localizzate soprattutto su dorso del naso, tartufo, aree perioculari, superficie concava del padiglione auricolare, letto ungueale, cuscinetti plantari e cute attorno ai capezzoli.

Caso clinico:

Ciro è un gatto persiano di dieci anni, adattato a vita esclusivamente casalinga, viene alimentato con prodotti commerciali, e non ha presentato in passato altre malattie dermatologiche. In occasione della prima visita i proprietari segnalano la presenza di un intenso grattamento ai padiglioni auricolari e la comparsa di piccole croste sui margini labiali e superficie interna dei padiglioni auricolari; tali lesioni erano state trattate in precedenza dai proprietari con terapie locali di diverso genere, senza successo. Alla prima visita clinica si evidenzia una otite esterna eritematosa bilaterale, senza lesioni crostose. E’ stata impostata terapia locale per l’ otite e sono stati somministrati antibiotici per via sistemica. La costante toelettatura eseguita dai proprietari per circa un mese ha reso impossibile valutare direttamente le lesioni crostose riportate in anamnesi. Dopo sospensione della toelettatura, a distanza di 15 giorni è stato possibile valutare direttamente la presenza delle croste. Queste apparivano di color miele ed erano localizzate sul tartufo (figura 1 e 2), che appariva anche depigmentato sul filtrum, sulla superficie interna dei padiglioni auricolari (figura 3 e 4), sulle aree perilabiali, intorno ai capezzoli (figura 5) e negli spazi interdigitali. Le manifestazioni cliniche osservate sono state considerate fortemente indicative di pemfigo. Si decide di procedere con accertamenti che consentano di confermare il sospetto diagnostico. Vengono eseguiti esami citologici per apposizione dal retro delle croste.

Accertamenti diagnostici clinico:

Durante la prima visita sono stati eseguiti un esame microscopico del pelo per la ricerca di eventuali ectoparassiti e spore fungine con esito negativo ed un esami e citologici o dal retro delle croste. I preparati citologici colorati con Diff Quick hanno evidenziato la presenza di un essudato composto da granulociti neutrofili non degenerati, in assenza di batteri fagocitati , e numerose cellule acantolitiche. Per una diagnosi definitiva sono state effettuate biopsie cutanee per individuare la localizzazione istologica delle pustole e confermare il sospetto diagnostico. Nelle sezioni di cute si rilevava la presenza di pustole subcorneali di dimensioni da medie a grandi a contenuto neutrofilico e con cellule acantolitiche (figura 6 e 7). Nel derma sottostante si osservava una dermatite perivascolare superficiale neutrofilica con presenza di occasionali eosinofili (figura 8). La diagnosi istopatologica, una dermatite pustolosa e crostosa subcorneale, risultava compatibile con il pemfigo foliaceo.

Evoluzione clinica:

E’ stata (quindi) impostata una terapia a base di prednisone a dose immunosoppressiva (2 mg/Kg BID). Trascorsi tre giorni dall’ inizio della terapia immunosoppressiva è stato possibile osservare cute rosea, assenza di eritema e essiccamento delle croste con tendenza naturale al distacco. Ulteriori miglioramenti sono stati osservati rispettivamente dopo 7 e 14 giorni dall’ inizio della terapia con quasi completa restitutio ad integrum dei tessuti (figura 9, 10 e 11). Dopo cinque mesi dall’inizio della terapia si decideva di ridurre il dosaggio del prednisone 1 mg/Kg SID con buoni risultati. Il tentativo successivo di ridurre ulteriormente il dosaggio del prednisone determinava inevitabilmente ricadute. A distanza di 20 mesi dall’inizio della terapia la dose di 1 mg/Kg SID di prednisone si è rivelata sufficiente al mantenimento del risultato ottenuto.

Conclusioni:

Nel caso descritto l’aspetto clinico delle lesioni è risultato molto indicativo di pemfigo foliaceo. La conferma diagnostica, da ricercare nell’esame citologico ed istopatologico, risulta di fondamentale importanza ai fini della terapia che talvolta deve essere mantenuta per tutta la vita del soggetto. Le cause dell’ insorgenza di PF non sono state ancora del tutto chiarite e sono diverse le ipotesi riguardo la presenza di fattori predisponenti molteplici tra cui razza, farmaci, raggi UV ed invecchiamento che possano alterare il sistema immunitario e contribuire allo sviluppo della malattia.

Bibliografia:

Preziosi DE, Goldschmidt MH, Greek JS, Jeffers JG, Shanley KS, Drobatz K, Mauldin EA:feline pemphigus foliaceus: a retrospective analysis of 57 cases, Vet Dermatol. 2003 14(6):313-21. Peterson A, McKay L.: Applied dermatology-crusty cats: feline pemphigus foliaceus. Compend Contin Educ Vet. 2010; 32(5):E1-4. Favrot C.: Skin lesions and their distribution in the cat: lessons to be drawn. Schweiz Arch Tierheilkd. 2010 Mar; 152(3): 115-9.French. Bizikova P, Linder KE, Olivry T. Immunomapping of desmosomal and nondesmosomal adhesion molecules in healthy canine footpad, haired skin and buccal mucosal epithelia: Comparison with canine pemphigus foliaceus serum immunoglobulin G staining patterns. Veterinary Dermatology 2011; 22: in press.

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