Un caso di pemfigo foliaceo in un cane
Colombo Giardinelli Dr. Flavio
Il pemfigo foliaceo è una malattia cutanea autoimmune caratterizzata da mancata coesione dei cheratinociti per presenza di autoanticorpi diretti verso componenti desmosomiali. Poiché l’antigene target è la desmogleina 1, particolarmente rappresentata negli strati spinoso e subcorneale, la mancata coesione determina una dermatite pustoloso/crostosa superficiale. Nel cane le pustole sono localizzate sul muso (dorso del naso, zone perioculari e pinne, sono risparmiate le giunzioni mucocutanee e la cavità orale) e sui cuscinetti plantari che mostrano una evidente ipercheratosi. Nelle forme piu’ gravi le pustole si manifestano anche su altre aree corporee. La diagnosi si basa sui rilievi clinici, citologia delle pustole, esame bioptico, indagini di immunofluorescenza e risposta alla terapia con farmaci immunosoppressivi.
Il cane è un incrocio, femmina, di 6 anni e di media taglia. Il proprietario riferisce che il cane soffriva da circa un anno di problemi dermatologici che erano iniziati con croste sulla canna nasale e alopecia su entrambe le pinne. Durante questo periodo terapie a base di antibiotici, cortisone e prodotti omeopatici avevano portato solo a parziali e temporanei miglioramenti. All’esame clinico generale il cane manifesta prurito intenso generalizzato, la temperatura corporea è di 40,5 °C, i linfonodi poplitei e sottomandibolari sono aumentati di volume e si nota una congiuntivite bilaterale. All’esame dermatologico si osservano eritema generalizzato e una dermatite pustolosa diffusa particolarmente evidente su canna nasale (figura 1), parte concava di entrambe le pinne, fianchi, torace e addome (figura 2). Si rilevano inoltre croste e aree focali di ulcerazione. Anche se le lesioni cliniche, per tipologia e distribuzione, sono suggestive di pemfigo foliaceo, devono essere escluse rogna demodettica, dermatofitosi e piodermite.
I raschiati cutanei e l’esame con lampada di Wood risultano negativi. Il preparato citologico da una pustola rileva la presenza di una flogosi neutrofilica con cocchi intracitoplasmatici e cellule acantolitiche. Viene somministrato cefadroxil 20 mg/Kg per die per OS per 20 giorni. Dopo un breve miglioramento dei segni clinici (pustole e prurito), la malattia si presenta nuovamente in forma di dermatite pustolosa diffusa (figura 3 e 4) e si decide di effettuare un esame bioptico. I preparati istologici mostrano una dermatite pustolosa caratterizzata dalla presenza di pustole subcorneali (figura 5) contenenti numerose cellule acantolitiche e granulociti sia neutrofili che eosinofili (figura 6 e 7). Le indagini di immunoistochimica sul campione bioptico rilevano depositi intercellulari di IgG nello strato spinoso e granuloso (figura 8). Il quadro è compatibile con la diagnosi di pemfigo foliaceo, viene pertanto indicata una terapia a base di prednisolone alla dose di 2 mg Kg die ed EFA 50 mg kg die. Dopo 7 gg non avendo ottenuto alcuna risposta si aumenta il cortisonico a 4 mg /kg die per altri 7 gg ottenendo solo un lieve miglioramento; si decide di integrare la terapia con azatioprina 2mg/kg die.
Ad un mese dall’inizio della terapia immunosoppressiva il cane non presenta lesioni cutanee (figura 9) ma continua una terapia di mantenimento a base di prednisolone 1 mg kg die, azatioprina 1,2 mg /kg die ed EFA 100 mg kg die. L’uso degli EFA, come documentato in numerosi lavori sia in medicina umana che in medicina veterinaria, viene indicato nel trattamento per la loro azione antinfiammatoria e per la loro capacità di potenziare le difese immunitarie locali e generali.
Tra i meccanismi patogenetici alla base della formazione di pustole intraepidermiche i piu’ comuni sono la liberazione di proteasi batteriche e la produzione di autoanticorpi contro i complessi di giunzione desmosomiali. La principale diagnosi differenziale nei confronti di una dermatite pustolosa su base autoimmune è quindi una piodermite batterica. Per questo motivo è necessario includere nell’iter diagnostico un esame citologico del contenuto delle pustole. La presenza di batteri fagocitati deve suggerire di impostare una terapia antibiotica prima dell’effettuazione di una biopsia cutanea. Solo in questo modo l’esito dell’esame istologico ed eventuali indagini immunoistochimiche consentiranno di emettere una diagnosi certa di pemfigo.
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