Autori:
Francesca Riggio, Andrea Lami, Francesca Abramo
Introduzione del caso clinico:
Il pemfigo foliaceo (PF) è la più comune malattia cutanea autoimmune riconosciuta nei gatti. È una dermatosi pustolosa, erosiva e crostosa che comunemente coinvolge la faccia, le orecchie, le zampe e le pieghe ungueali. Si ipotizza che, analogamente a quanto descritto per il cane, le lesioni si sviluppano in seguito alla produzione di autoanticorpi nei confronti della desmocollina, una proteina dei desmosomi, le strutture di giunzione degi cheratinociti epidermici, con conseguente perdita di coesione dei cheratinociti e formazione delle pustole superficiali. L'approccio diagnostico al PF felino è basato sul quadro clinico e sull’esame microscopico citologico in cui si osservano pustole, erosioni e croste contenenti neutrofili e cheratinoci acantolitici. L'elenco delle malattie che si presentano con pustole subcorneali primarie con acantolisi nei gatti è limitato a PF e a segnalazioni aneddotiche di dermatofitosi pustolosa con minima acantolisi.
Sebbene la citologia sia utile nel supportare una diagnosi, è necessaria una biopsia di pustole o croste per una diagnosi istopatologica definitiva, dato che la terapia si basa sull’utilizzo prolungato di farmaci immunosoppressivi. Varie modalità di trattamento sono state pubblicate nel corso degli anni per il PF felino. I glucocorticoidi sono i farmaci utilizzati più frequentemente, con una efficacia variabile dal 35 al 97%. Ciclosporina, clorambucile, aurotioglucosio (sali d'oro) e azatioprina sono stati utilizzati in alternativa in alcuni casi. La non disponibilità della formulazione originale di aurotioglucosio e la sensibilità dei gatti all'azatioprina fanno sì che i glucocorticoidi, il clorambucile e la ciclosporina siano i principi attivi più comunemente raccomandati per la gestione del PF felino. Nonostante ciò, non vi è evidenza significativa della completa efficacia per lunghi periodi di tali sostanze in quanto spesso i soggetti sviluppano recidive di malattia. Alcuni gatti, inoltre, presentano una forma clinica che tende a guarire spontaneamente con o senza utilizzo di farmaci pertanto non è chiaro il loro reale compito.
Caso clinico:
Un gatto comune europeo tigrato di nome Galileo, maschio castrato di 12 anni e di circa 7 Kg di peso, viene condotto a visita per un problema dermatologico cronico. La proprietaria riferisce che da circa un anno il soggetto presenta lesioni crostose molto pruriginose su orecchie, mento, collo e regione destra del tronco. Il gatto, di norma vivace e di buon appetito (famelico), da circa cinque/sei mesi appare molto abbattuto, apatico e lievemente anoressico.
Convive con altri tre gatti adulti che non manifestano sintomi dermatologici. Sono tutti alimentati con cibo secco e umido commerciale.
Sono effettuate le profilassi vaccinali annuali e le profilassi antiparassitarie spot-on mensili con selamectina.
Alla visita clinica si evidenzia EOG nella norma, all’auscultazione murmure vescicolare normale, temperatura 38,5°C.
Alla visita dermatologica si osservano lesioni pustolose, croste giallastre ed erosioni diffuse su orecchie (in particolare sulla superficie concava), mento, collo, regione laterale del tronco e cute attorno ai capezzoli; sul mento sono presenti collaretti epidermici (figure 1,2,3,4,5,6). Tra le diagnosi differenziali vengono prese in considerazione malattie autoimmuni (pemfigo), dermatite allergica, dermatofitosi.
Accertamenti diagnostici clinico:
Vengono eseguite indagini emato-biochimiche di base dalle quali emergono policitemia normocromica normocitica e iperprotidemia da probabile disidratazione lieve (5%), test FIV- FeLV (Snap Test Combo Idexx) con esito negativo e profilo tiroideo che risulta nella norma. I raschiati cutanei, superficiale e profondo, sono entrambi negativi. Viene inoltre eseguito un esame citologico per apposizione delle lesioni essudative del mento e delle orecchie mediante scotch test. Nei preparati colorati con metodo Romanowsky (Diff-Quick) si osservano numerosi cheratinociti acantolitici, cellule tondeggianti con rapporto N/C piuttosto elevato, caratterizzate da citoplasma basofilo a margini regolari e ampio nucleo tondo centrale. Sono inoltre presenti abbondanti cellule di natura infiammatoria, in particolare granulociti neutrofili, in alcuni campi del vetrino si osservano microrganismi coccacei extracellulari di probabile irruzione secondaria a seguito di autotraumatismo e sparse scaglie cornee (figura 7). Per la distribuzione, la tipologia delle lesioni e l’elevato numero di cellule acantolitiche riscontrate alla citologia si formula una diagnosi di pemfigo foliaceo complicato da infezione batterica; previa sedazione del soggetto si procede con il prelievo di tre biopsie (punch da 6 mm) una dal padiglione auricolare dx, una dall’ addome e l’altra dalla regione del mento, per indagine istopatologica.
Per gestire l’intenso prurito e le lesioni dermatologiche infette del soggetto, in attesa del referto istologico, si prescrive terapia farmacologica antibiotica con marbofloxacina iniettabile a 10 mg/Kg SID (in quanto il gatto è riluttante ad assumere farmaci per os), antinfiammatoria con robenacoxib a 1mg/Kg SID per os, antimicrobica di superficie con clorexidina 2%, climbazolo 2%, ceramidi (nebulizzatore spray direttamente sulle lesioni) e immunomodulatori a base di aliamidi (PEA per os una volta al giorno).
All’esame istopatologico l’epidermide, in tutte le biopsie esaminate, risulta iperplastica (grado variabile da moderato a severo) con formazioni pustolose da piccole a molto estese, a volte stratificate contenenti granulociti neutrofili, loro detriti carioressici e cellule acantolitiche o loro ombre negli strati più essiccati superficiali. Le cellule acantolitiche sono individuali e sparse o in piccoli raggruppamenti e cordoni. Multifocalmente si osservano esocitosi leucocitaria e spongiosi. Si rileva inoltre dermatite da perivascolare ad interstiziale con distribuzione prevalentemente superficiale e con infiltrato per lo più composto da granulociti neutrofili e mastociti. I follicoli sono in fase anagen e telogen, la parete è talvolta ispessita e sede di spongiosi. Le alterazioni istopatologiche osservate sono indicative di dermatite pustolosa acantolitica subcorneale, compatibili con pemfigo foliaceo (figura 8).
Conclusioni:
Il pemfigo è una malattia autoimmune che si caratterizza per la produzione di autoanticorpi contro antigeni situati nei desmosomi, strutture di connessione fra le cellule epiteliali. La concentrazione degli anticorpi (in particolare IgG4, meno IgA o IgM) rispecchia l'attività della malattia. L'azione di tali autoanticorpi determina acantolisi quindi distacco tra le cellule dell'epidermide e formazione di pustole ripiene di leucociti neutrofili. Le cellule che hanno perso le connessioni con quelle vicine assumono forma tondeggiante e sono chiamate cheratinociti acantolitici, libere all'interno della pustola. Da qui nasce l'importanza dell'esame citologico da lesioni intatte pustolose ai fini della diagnosi. E' indispensabile confermare la diagnosi con l'esame istologico delle lesioni (meglio se pustole integre), in quanto la terapia che l'animale dovrà assumere per lungo tempo sarà di natura immunosoppressiva.
I farmaci utilizzati infatti possono dare luogo a reazioni avverse anche gravi per la salute dell'animale. Fra tutti quelli indicati precedentemente la ciclosporina è un principio attivo con tossicità relativamente bassa e buona attività immunosoppressiva. Gli effetti collaterali più frequenti sono di natura gastroenterica (vomito e diarrea) associati talvolta a perdita di peso, rari casi di leucopenia e lipidosi epatica con innalzamento del valore delle transaminasi. L'obiettivo della terapia ed in particolare quello di un dermatologo clinico è di riuscire a mantenere un dosaggio minimo di farmaco immunosoppressore che riesca a controllare la malattia senza alterare il metabolismo dell'animale. Ciò aiuterà a ridurre eventuali effetti avversi e ad evitare spiacevoli ricadute della patologia cutanea.
Bibliografia:
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